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DECRETO ANTI-STUPRI - ART. 275 COMMA 3 C.P.P. - PRESUNZIONE DI ADEGUATEZZA DELLA SOLA CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE - INAPPLICABILITA' IN PRESENZA DI GIUDICATO CAUTELARE SU DIVERSA MISURA
Ordinanza Tribunale del Riesame di Milano, ud. 21 aprile 2009, dep. 23 aprile 2009, Pres. Piffer
In sede di interpretazione costituzionalmente orientata e volta ad impedire interpretazioni che determinerebbero irragionevoli disparità di trattamento e una disciplina irrazionale e contraddittoria nel sistema di cui all’art. 299 c.p.p., deve ritenersi che le disposizioni di cui agli art. 275 comma 3 c.p.p. che prevedono una presunzione assoluta di idoneità della sola custodia cautelare in carcere non possano applicarsi a quelle situazioni, preesistenti alla loro entrata in vigore, in cui la prognosi di adeguatezza di una misura custodiale più lieve abbia trovato conferma fattuale già in sede di esecuzione di un precedente provvedimento cautelare ed in cui, pertanto, la questione dell’adeguatezza della misura deve ritenersi definita.
Con questa significativa ordinanza il Tribunale del Riesame di Milano ha annullato il provvedimento con il quale, per effetto dell’entrata in vigore del c.d. decreto anti-stupri (D.L. 23 febbraio 2009 n. 11), ad un imputato di violenza sessuale era stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere in sostituzione a quella degli arresti domiciliari precedentemente in atto.
Il Collegio ha così argomentato la sua decisione:
“L’aspetto di irragionevolezza della nuova disciplina non è connesso alla particolare scelta dei titoli di reato che fondano la presunzione assoluta di adeguatezza della sola custodia in carcere (nel caso, i reati di violenza sessuale), né al fatto che simile presunizone di adeguatezza sia applicabile anche a reati commessi anteriormente all’introduzione legislativa di simile presunzione. I profili di irragionevolezza della disciplina presuntiva in esame sono invece determinati dal fatto che essa venga ritenuta applicabile a situazioni pregresse in cui già da tempo erano in atto misure cautelari più lievi che si erano dimostrate pienamente efficaci e che vengonno sostituite con la custodia in carcere solo per l'astratto meccanismo dell'inclusione successiva del reato fra quelli per i quali si presume adeguata la sola custodia in carcere.
(...)
Soprattutto non può ritenersi che il meccanismo presuntivo sia applicabile alle misure già definite, nel senso che non può qualificarsi come ancora "aperta" e "pendente" la questione dell'adeguatezza della misura in forza del meccanismo normativo di cui all'art. 299 comma 1 c.p.p., che attribuisce rilievo anche a mere modifiche normative sopravvenute.
(...)
La norma che disciplina il caso di modifica “in peius” del trattamento cautelare non è l’art. 299 comma 1 c.p.p., ma la disposizione dell’art. 299 comma 4 c.p.p., che subordina tale peggioramento esclusivamente all’aggravamento sostanziale delle esigenze cautelari, di tal che ogni rilevanza che si voglia attribuire ad astratti meccanismi presuntivi per via dell’art. 299 comma 1 c.p.p. determinerebbe non solo una applicazione analogica “in malam partem” di detta disposizione, ma contrasterebbe altresì con la citata disposizione di cui all’art. 299 comma 4 dettata per il caso “speciale” dell’aggravamento delle misure cautelari, concretando così una palese e duplice violazione dei principi ermeneutici in materia, concretando così una palese e duplice violazione dei principi ermeneutici in materia. Pertanto, solo un sostanziale aggravamento delle esigenze cautelari può legittimare, ai sensi dell’art. 299 comma 4 cit., un peggioramento del trattamento cautelare attraverso la rimessa in discussione della “questione sull’adeguatezza della misura, altrimenti da ritenersi “esaurita”, come nella specie, all’esito delle impugnazioni al riguardo: infatti le astratte modifiche normative sulle condizioni di applicabilità delle misure possono assumere rilievo per il pregresso solo ove migliorative, in forza del dettato dell’art. 299 comma 1 cit., che riguarda appunto esclusivamente la revoca delle misure cautelari, mentre per il resto non possono riguardare i casi di futura applicazione di misure cautelari successiva alla loro entrata in vigore.
Simile soluzione deve ritenersi del resto imposta in sede di interpretazione costituzionalmente orientata, al fine di evitare attribuzioni di senso che comporterebbero una irragionevolezza della disciplina “de qua”, sotto il profilo della ingiustificata disparità di trattamento conseguente alla mancata differenziazione dei casi in cui al soggetto debba essere applicata per la prima volta la misura cautelare, dai casi in cui al soggetto sia già sottoposto a misura cautelare più lieve dimostratasi nei fatti pienamente adeguata a salvaguardare le esigenze cautelari ritenute sussistenti. Quest’ultimo dato di fatto incide, infatti, direttamente sul meccanismo presuntivo previsto dal legislatore e, quindi, non può essere trascurato senza incorrere in irragionevolezza.
Ritiene, infatti, questo Collegio che la fondamentale declinazione del principio costituzionale di ragionevolezza consista proprio nella necessaria considerazione (e rispetto) dei dati fattuali rilevanti, al fine di assicurare la parità di trattamento, da parte della norma giuridica che, trascurando quelli essenziali, palesa inevitabilmente la sua totale “irragionevolezza”.
Nella specie, con l’art- 275 comma 3 c.p.p., il legislatore ha istituito una presunzione per la quale un fatto ignoto oggetto di prognosi (adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere) si da per presunto sulla base di uno o più fatti noti (ricorrenza di un determinato titolo di reato e la sussistenza di esigenze cautelari), così semplificando l’onere motivazionale del giudice (che per sostenere l’applicazione della misura di maggior rigore può fare riferimento ai soli elementi indicati dalla norma che istituisce la presunzione) e corrispondentemente restringendone la discrezionalità (quando la presunzione sia “iuris et de iure”).
Il dato fattuale rappresentato dal periodo temporale in cui un swoggetto viene sottoposto ad una misura cautelare più lieve senza che si verifichino gli eventi (fatti criminosi della stessa indole, inquinamento probatorio, fuga) alla cui prevenzione la misura cautelare è preordinata – è, infatti, un dato della realtà suscettibile di contraddire da un punto di vista fenomenico e fattuale, una presunzione come quella di adeguatezza di una sola determinata misura cautelare e rappresenta certamente un dato che non può essere trascurato, se non si vuole sottoporre allo stesso trattamento deteriore situazioni dissimili sotto profili rilevanti ai fini del trattamento medesimo.
Pertanto, in sede di interpretazione costituzionalmente orientata e volta ad impedire interpretazioni che determinerebbero irragionevoli disparità di trattamento e una disciplina irrazionale e contraddittoria nel sistema di cui all’art. 299 c.p.p., deve ritenersi che le disposizioni che prevedono una presunzione assoluta di idoneità della sola custodia cautelare in carcere non possano applicarsi a quelle situazioni, preesistenti alla loro entrata in vigore, in cui la prognosi di adeguatezza di una misura custodiale più lieve abbia trovato conferma fattuale già in sede di esecuzione di un precedente provvedimento cautelare ed in cui, pertanto, la questione dell’adeguatezza della misura deve ritenersi definita.
Posto che nel caso di specie il prevenuto risulta essere stato collocato agli arresti domiciliari sin dal 2007 e che la predetta misura, in tale considerevole lasso di tempo (poco meno di due anni), ha palesato la sua totale adeguatezza a salvaguardare ogni esigenza cautelare, deve ritenersi inapplicabile alla specie la presunzione di adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere stabilita dal nuovo testo dell’art. 275 comma 3 c.p.p. introdotto dal D.L. 23 febbraio 2009 n. 11, da ultimo convertito con modificazioni della L. 23 aprile 2009 n. 38, in quanto se si interpretasse la norma nel senso della sua applicabilità anche a tali situazioni si determinerebbe una irragionevolezza di tale disciplina (rilevante ai sensi dell’art. 3 Cost.) nel senso sopra precisato.”
Pro Avv. Guglielmo Gulotta