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ABUSO SESSUALE SU MINORE - DICHIARAZIONE DE RELATO - MUTACISMO ELETTIVO - INTERPRETAZIONI DELLE DICHIARAZIONI DEL BAMBINO DA PARTE DELL'ADULTO - CARTA DI NOTO
Corte di appello di Brescia, sez. I, sent. 24/01/2005 n. 100
In un procedimento di abuso sessuale a danno di minore in età prescolare, non può essere considerata sufficiente al fine di provare la colpevolezza del presunto abusante la dichiarazione de relato della madre quando tale testimonianza indiretta si basi sulle dichiarazioni fatte da un minore affetto da “mutacismo elettivo” disturbo caratterizzato dalla incapacità di comunicare se non con particolari soggetti, nel caso di specie solo con la madre, e soltanto attraverso un limitatissimo vocabolario, nella fattispecie composto da una decina di parole. Tanto più quando la madre si sia giocoforza resa interprete delle dichiarazioni del bambino e abbia filtrato tali dichiarazioni, rese più con gesti che con parole, attraverso i suoi convincimenti. Altresì non può essere considerata sufficiente la consulenza della psicologa incaricata dell’analisi delle dichiarazioni del minore, quando tale consulenza non rispetti quelli che notoriamente sono i criteri di audizione dei minori abusati secondo la c.d. Carta di Noto, ormai generalmente adottata, non essendo stati né registrati né relazionati volta per volta gli incontri con il bambino allo scopo di poter verificare le modalità ed il contenuto degli stessi, né essendo state controllate le dichiarazioni della madre in relazione al particolare vissuto di costei.
Nel caso di specie l’imputato era stato condannato ad anni sei di reclusione dal Tribunale di Busto Arsizio per i reati di violenza sessuale aggravata e violenza privata commessi nei confronti del proprio figlio minore, all’epoca dei fatti di circa tre anni di età. La sentenza, che nella motivazione faceva principalmente riferimento alle dichiarazioni della madre del presunto abusato, ex coniuge dell’imputato, e alle dichiarazione della consulente psicologa incaricata dell’analisi delle dichiarazioni del minore. Il giudizio è stato confermato in appello e la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dalla difesa dell’imputato, osservando che non erano riscontrabili nella sentenza di secondo grado né violazioni di legge, né vizi di motivazione. La Corte di Appello di Brescia ha però in seguito accolto la domanda di revisione presentata dai difensori dell’imputato, ammettendo nel giudizio le nuove prove, rappresentate da quattro esami testimoniali, una nuova consulenza tecnica e alcune foto, prove in parte tese ad invalidare le dichiarazioni della madre e la consulenza della psicologa, in parte a dimostrare l’impossibilità obiettiva dei fatti ascritti al condannato. E’ stato così mostrato come da una parte nelle poche ore concesse all’asserito abusante per vedere il figlio questi si trovasse o alla guida della sua auto o in compagnia dei parenti, il che rendeva inverosimile la possibilità della commissione dei gravi abusi sessuali ascrittegli. Dall’altra come non esistesse alcuna prova obiettiva sulla colpevolezza dell’accusato. Tutto era basato sulle dichiarazioni che l’ex moglie faceva dei racconti del figlio, peraltro liberamente interpretati, e su di una consulenza tecnica che non rispettava alcun parametro previsto in questi casi dalla Carta di Noto, documento contenente regole generalmente adottate durante l’esame delle testimonianze dei minori in casi di asseriti abusi sessuali ai danni degli stessi, né teneva conto del vissuto di quest’ultima. Vissuto che nel caso di specie presenta un quadro al limite del patologico nel desiderio ossessivo della donna di avere un figlio. Questa infatti, non appena rimase incinta, abbandonò il marito senza darne una spiegazione plausibile e si rifugiò presso i genitori togliendo progressivamente ogni spazio all’ex coniuge nel rapporto con il bambino neonato, fino alla richiesta ed al conseguimento dell’adozione del bambino da parte del nuovo marito).
La Corte di Appello di Brescia ha così accolto la domanda di revisione, revocando la sentenza definitiva ed assolvendo l’asserito abusante per insussistenza del fatto.
Pro
Guglielmo Gulotta