La satira, che si costruisce su un discorso paradossale, volutamente eccessivo, beffardo con una finalità di critica del sistema vigente e dei suoi valori, è forma espressiva indirizzata al comico, alla risata. Pertanto la satira deve conoscere un proprio vocabolario e ciò che non può essere ammesso qualora vengano utilizzate forme di espressione di tipo moralistico, giornalistico, di critica, nell’ambito di un contesto espressivo di serietà, assume altro significato e valore quando il dileggio è mascherato dalla farsa, dalla rampogna morale, il tutto nell’ambito di un discorso di comicità destinato a suscitare il riso. La portata lesiva delle espressioni beffarde ed eccessive, in altri contesti ipoteticamente diffamatorie, si annulla nel comico e nella risata che la satira riesce a suscitare nell’ascoltatore o nel lettore.
Pro Salvatore Pino
Nella fattispecie, erano state pronunciate in un programma televisivo satirico espressioni ed affermazioni quali “lacché del potere”, “fate abuso della credulità popolare… imbrogliando tutti”, rivolte a giornalisti di altra emittente televisiva. Il Giudice, nel disporre l’archiviazione del procedimento, ha sottolineato altresì che “il problema dell’obiettività dell’informazione … rispetto alla politica ed alla maggioranza di potere costituisce un problema noto e dibattuto a tutti i livelli da decenni ed il sottolinearlo con toni comici e paradossali non può aver leso l’onorabilità ed il patrimonio professionale delle parti lese”