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DIFFAMAZIONE CON IL MEZZO DEL TELEGIORNALE - INSUSSISTENZA - IPOTESI E CONGETTURE - SITUAZIONE OBIETTIVA - INTERESSE GENERALE DELLA NOTIZIA - INTERROGATORIO AD UN MAGISTRATO

Corte di Appello di Brescia, sezione I penale, Sentenza n. 414/03 del 10.03.03 (dep. 19.03.03), Pres rel. G. Sartea

Non rivestono contenuto diffamatorio le espressioni usate dal giornalista televisivo nella misura in cui esso, riferendo dati di interesse generale con misura e cautela, non ha data per certa la notizia in sé diffamatoria, ma l'ha presentata come possibile ipotesi-congettura derivante dalla situazione obiettiva e ciò anche senza ricorrere all'esimente del diritto di cronaca giornalistica.

 La situazione obiettiva considerata nel caso di specie era riferita ad un interrogatorio di un magistrato che da poco aveva lasciato la magistratura dove aveva svolto una attività che lo aveva reso famoso a livello internazionale e lo aveva pertanto portato ad essere un personaggio pubblico le cui vicende potevano interessare la generalità dei cittadini. Egli era stato oggetto di indagini e quelle indagini erano sfociate in un interrogatorio effettuato una domenica d'estate all'interno degli uffici della Questura, per cui la sede e il momento già di per sé inducono un alone di mistero che fa presagire non soltanto la segretezza - ovviamente relativa - dell'operazione, ma anche la possibilità di gravi sviluppi.

In tali circostanze per la Corte di Appello di Brescia è logico che dei giornalisti si siano precipitati ad osservare sul posto gli eventuali sviluppi, ed è altrettanto logico che il telegiornale condotto dall'imputato abbia inteso sfruttare l'occasione che certamente avrebbe giovato all'audience e dato lustro al programma.

L'eccezionale durata dell'interrogatorio, poi, era già evidente al momento della messa in onda del telegiornale, che tra le possibili ipotesi-congetture vi era senza dubbio quella dell'arresto nella misura in cui si sapeva che le indagini riguardavano ipotesi di concussione ed abuso di ufficio. L'inviato del telegiornale sul posto, riferiva inoltre al direttore della testata di aver ricevuto sul suo telefono cellulare una chiamata anonima che lo avvertiva che il magistrato interrogato era stato arrestato.

E' stato osservato nel caso di specie che la "congettura" sull'arresto del magistrato fosse stata rivestita dal giornalista televisivo di dubbi, da un lato facendo trasmettere immagini che avvallassero i sospetti (movimenti di vetture, di agenti, movimenti di dattilografi colti dal teleobiettivo), dall'altro facendo intervenire l'esperto che, dando il suo parere provvedeva a spiegare come la durata dell'interrogatorio potesse avere diverse spiegazioni, ed invitando l'inviato sul posto a non riferire il contenuto della telefonata anonima dallo stesso ricevuta.

Per la Corte di Appello dunque, la situazione era tale da far ipotizzare a chiunque che il magistrato potesse essere in stato di fermo. Ma se le cose sono andate proprio in questo modo, ne segue allora che i due giornalisti, direttore ed inviato, non sono responsabili del delitto di diffamazione ai danni del magistrato, e ciò in virtù della massima sopra richiamata.

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