Il 4° comma dell’art. 30 L. 223/90 prevede che, nel caso di reati di diffamazione commessi attraverso trasmissioni consistenti nell’attribuzione di un fatto determinato, le sanzioni previste dall’art. 13 L. 47/48 vadano applicate soltanto ai soggetti di cui al comma 1 dello stesso articolo 30, ovvero il concessionario privato, il concessionario pubblico o la persona da loro delegata al controllo. Nel caso quindi di diffamazione commessa da soggetto diverso da quelli ricompresi nella previsione di cui al comma 1 della legge 223/90 (ovvero direttamente dal soggetto che pronuncia le frasi oggetto dell’imputazione) a quest’ultimo non può applicarsi la sanzione prevista dall’art. 13 L. 47/48, bensì solo l’art. 595 c.p.
L’ordinanza in questione rende finalmente chiarezza sul trattamento sanzionatorio applicabile al soggetto che materialmente compie una diffamazione con il mezzo della televisione, di fatto recependo l’orientamento della Suprema Corte di Cassazione (sezione prima, sentenza n. 269/2000). Fermo restando che in tema di diffamazione commessa a mezzo di trasmissioni radiofoniche o televisive la competenza territoriale deve essere individuata nel luogo di residenza della persona offesa, e ciò chiunque sia il soggetto chiamato a rispondere della diffamazione, l’ulteriore espressione contenuta nella norma “si applicano ai soggetti di cui al comma 1 le sanzioni previste dall’art. 13 l. 47/48” riguarda essenzialmente il trattamento sanzionatorio, non già il comportamento che costituisce il reato, sanzionato diversamente a seconda della qualifica della persona che lo abbia attuato. L’eccezione, da noi formulata in sede di udienza preliminare, ha di fatto determinato, ai sensi dell’art. 33 sexies c.p.p., la trasmissione degli atti al PM affinché procedesse con citazione diretta. Infatti la pena applicabile per il solo art. 595 c.p. (da sei mesi a tre anni) non richiede la celebrazione dell’udienza preliminare.
Pro Salvatore Pino, Andrea Righi