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AFFIDAMENTO IN PROVA AI SERVIZI SOCIALI – CONDIZIONI DI AMMISSIBILITÀ – CONDANNATO CHE SI PROFESSA INNOCENTE – ATTEGGIAMENTO MENTALE DEI CONGIUNTI DEL CONDANNATO - COMPLETA REVISIONE CRITICA DEL PASSATO – RISARCIMENTO ALLA PERSONA OFFESA

Corte di Cassazione, Sezione I penale, sentenza n. 766/03, del 25.02.03, depositata 26.03.03, Pres. Dott. Gianvittore, Relatore Dott. Gianfranco.

«Ai fini della concessione dei benefici penitenziari, la mancanza di senso critico verso le condanne subite può essere valutata negativamente, qualora sia espressione della persistenza di un atteggiamento mentale del condannato giustificativo del proprio comportamento antidoveroso e quindi sintomatico di una mancata risposta positiva al processo di rieducazione; non già quando è frutto di una protesta di innocenza che è diritto incontestabile di ciascuno, non soltanto in pendenza di un processo, ma anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, considerata la possibilità di una sua revisione (cfr. Sez. I, 28.03.2000, Romano); in linea generale, dunque, l’affermazione di innocenza da parte del condannato non può costituire ostacolo alla concessione dei benefici penitenziari (cfr. Sez. I, 6.3.98, Bellone). E se ciò vale per il condannato, vale a maggior ragione per i suoi congiunti.

Tale affermazione, del resto, trova il suo fondamento logico-giuridico nel principio secondo cui, in tema di ammissione a misure alternative alla detenzione, non è richiesta la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del passato e sia quindi del tutto ravveduto, non corrispondendo tale esigenza alla logica delle misure stesse, per la cui concessione il riferimento ai risultati raggiunti nel trattamento di rieducazione non postula di certo che il processo rieducativo si sia già realizzato e che possa quindi formularsi un giudizio di non pericolosità, essendo sufficiente un giudizio pronostico sulla possibilità di far fronte alla possibilità residua, con gli strumenti dell’ordinamento penitenziario (cfr. Sez. I, 29.11.2000, Pilo).

In proposito al mancato adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, la concessione dell’affidamento in prova non è subordinata al risarcimento del danno in favore della vittima difettando una disposizione prescrittiva in tal senso (cfr. sez. I, 22.5.2000, Giorgio); potendosi al massimo ritenere che una ingiustificata indisponibilità del condannato ad adempiere alle obbligazioni suddette possa rientrare tra gli elementi di segno negativo, valutabili per il diniego della misura (in tal senso, da ultimo Sez. I, 9.07.2001, Iegiani)».

 

 

Nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza di Milano rigettava l’istanza per l’affidamento in prova ai servizi sociali, presentata da  un condannato per abusi sessuali intrafamiliari commessi in danno della figlia minorenne e detenuto con pena residua da scontare inferiore ai tre anni, affermando che tale beneficio penitenziario non sarebbe stato applicabile a chi:

      anche dopo la condanna e durante l’espiazione della pena si ritiene non responsabile e vittima di un errore giudiziario;

      utilizzi meccanismi difensivi di razionalizzazione finalizzati ad una negazione globale della propria responsabilità, sino ad arrivare ad una definizione testuale della vicenda come una serie di disguidi di cui egli sarebbe stato vittima, a cui contrappone l’idilliaco rapporto con la bambina”.

      si trova con un nucleo familiare di origine inidoneo a costituire un adeguato punto di sostegno rieducativo, stante la negazione da parte dei familiari di ogni responsabilità penale del condannato.

Secondo il giudice di sorveglianza tali circostanze sarebbero state sufficienti per impedire un giudizio pronostico positivo sulla idoneità della misura a contribuire alla rieducazione del condannato.

Unitamente a ciò il Tribunale ha motivato il rifiuto anche sul presupposto del mancato risarcimento della persona offesa, per non aver pagato la somma già prevista a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva.

 

La Corte di Cassazione, Sezione Prima penale, su ricorso della difesa, ribaltando il giudizio del giudice territoriale, ha invece chiarito che, non solo si è ammessi al beneficio penitenziario dell’affidamento in prova al servizio sociale anche se non si è risarcita la persona offesa, ma anche se il detenuto ha sempre lamentato di essere stato vittima di false accuse di abuso sessuale non adeguatamente vagliate attraverso un giusto processo; di certo lamentare la propria innocenza non può significare atteggiamento giustificativo di una condotta abusante intrafamiliare.

Avv. Prof. Guglielmo Gulotta

 

  Artt. 47 e 47 ter Ordinamento Penitenziario (L. 26 luglio 1975, n. 354) - Art. 666 c.p.p.

 

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