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DIVULGAZIONE DI DESCRIZIONI O ILLUSTRAZIONE DI IMMAGINI IMPRESSIONANTI O RACCAPRICCIANTI - COMUNE SENSO DELLA MORALE O DELL’ORDINE FAMILIARE - FUMETTI RACCAPRICCIANTI - ISTIGAZIONE DI ADOLESCENTI A CONDOTTE DEVIANTI ANTISOCIALI AUTOLESIONISTE - ESCLUSIONE

Trib. Milano, sent. N. 3047 del 10.10.95 – pres. Ebner – La Rocca est.

Art. 528 c.p. art. 15 legge 8 febbraio 1948 n. 47

In tema di divulgazione di immagini raccapriccianti effettuata a mezzo stampa periodica sono penalmente perseguibili, ai sensi dell’art 15 L. 47/48, solo le narrazioni o illustrazioni che mettono in pericolo i beni dell’ordine familiare e del comune sentimento della morale.

Per ordine familiare si deve intendere quel complesso di principi e di norme etiche e giuridiche che, in un determinato momento storico, disciplinano i rapporti di struttura dell’organismo sociale con la conseguenza che le pubblicazioni penalmente sanzionate sono solo quelle che contengono immagini o narrazioni tendenti all’esaltazione o al compiacimento per la distruzione di tale ordine.

Per comune sentimento della morale può intendersi quel minimo etico ritenuto necessario per la sicura e civile convivenza in un determinato momento storico, minimo etico ovviamente non altrimenti solo il modo di intendere i rapporti sessuali tra individui.

La narrazione effettuata senza alcuna adesione o compiacimento per i fatti narrati, senza approvazione per la condotta di alcuno dei protagonisti, pur volendola ritenere effettuata con particolari raccapriccianti o impressionanti, non di per sé è in grado di mettere in pericolo né l’ordine familiare né il comune senso della morale di alcun soggetto di media cultura e sensibilità al quale occorre necessariamente far riferimento per giudicare nella violazione dei beni protetti dall’art. 15 L. 47/48, né di provocare suicidi o delitti, tanto più che diversamente opinando sarebbero penalmente perseguibili le narrazioni di cronaca, anche se rese in termini di crudo realismo (si pensi per esempio alle quotidiane notizie che compaiono su giornali e riviste provenienti da zone di guerra, spesso accompagnate da immagini di cadaveri o feriti e da impressionanti e minuziose descrizioni di autentiche mattanze), anche quando sia palese la riprovazione o la condanna degli stessi.

E’ evidente che la narrazione finalisticamente orientata nel senso della deplorazione non può certo mettere in pericolo i beni tutelati dall’art. 15 L. 47/48 e cioè l’ordine familiare e il comune sentimento della morale.

 

 

Nel caso di specie i responsabili, i disegnatori ed ideatori di una serie di fumetti pubblicati da una nota casa editrice sono stati rinviati a giudizio per i reati previsti e puniti dagli art. 110, 81 cpv, 57 c.p., 15 e 21 Legge 8/2/48 n. 47. Gli imputati erano accusati di aver turbato il comune sentimento della morale e l’ordine familiare con una serie di storie a fumetti impressionanti e raccapriccianti pubblicate nel 1992.

Gli imputati sono stati tutti assolti in quanto il Collegio ha ritenuto che non violano il disposto del’art. 15 L. 47/48, e quindi non offendono il comune sentimento della morale né turbano l’ordine familiare, le descrizioni di immagini o storie su giornale a fumetti che ritraggono: offerte di droga a ragazzi che rifiutano; omicidi effettuati mediante sgozzamento delle vittime con bottiglie frantumate; accettate assestate sulla testa di un ragazzo da un vicino esasperato dal baccano causato dal giovane, appassionato suonatore di sassofono; suicidio collettivo effettuato tra giovani amici ormai bloccati dalla polizia, anche in considerazione del fatto che la narrazione non è stata di compiacimento ma ha sottinteso comunque una censura morale).

(G. Gulotta, Borrone, Puccione).

Questa è una delle poche sentenze in materia. Il processo è singolare perché si è svolto anche con una consulenza tecnica di parte di tipo psicologico volta a negare che un giornale a fumetti possa avere un forte impatto sulla psiche degli adolescenti ed a sostenere comunque che gli studi sugli effetti della televisione sui giovani non sono applicabili a questo caso.

Il consulente tecnico della difesa è stato sentito come "Expert witness": si è trattato forse del primo caso in cui un Tribunale italiano ha ritenuto ammissibile questo tipo di testimonianza che in altri paesi è di normale routine.Il pubblico ministero negava tuttavia la possibilità di una tale consulenza tecnica, assumendo che è vietata dal codice di procedura penale. Il difensore ha dimostrato invece che il divieto di perizia psicologica di cui all’art. 220 c.p.p. riguarda l’imputato e non, come in questo caso, gli effetti che la sua condotta può avere provocato.

La sentenza qui massimata è altresì commentata in L. De Cataldo Neuburger, G. Gulotta, "Fumetto e Violenza: una valutazione giudiziaria", in Mass media, violenza e giustizia spettacolo, atti e documenti ISISC, n. 11, a cura di L. De Cataldo Neuburger, 1996, pp. 89-99.)

Ecco come davanti ai giudici del Tribunale attraverso l’esame diretto dell "Expert witness" la difesa degli imputati ha fatto risultare che il bambino e l’adolescente, davanti alla visione di rappresentazioni della violenza, pur dimostrando di apprezzarne la visione, non varia il giudizio morale sulla violenza nella vita reale.

AVV. GULOTTA. Professoressa De Cataldo può dirmi quali sono le sue competenze?

CT. -Sono psicologa, responsabile della sezione di psicologia giuridica qui all'Università degli Studi di Milano. E sono professore a contratto all'Università La Sapienza di Roma.

AVV. GULOTTA - Ha avuto modo di occuparsi del problema del rapporto dell'influenza dei mass-media sulla condotta umana ?

CT. - Sì, a più riprese, ho anche pubblicato dei lavori proprio sull'argomento. Anzi, sta per uscire l'ultimo sul rapporto tra violenza e mass-media. Altri studi li ho pubblicati anche su riviste mediche, come la "Minerva Medica". E recentemente ho condotto una ricerca nelle scuole di Siracusa proprio per vedere come i ragazzi reagiscono e metabolizzano l'esposizione alla TV e ai film di tipo violento.

AVV. GULOTTA - Procedendo con ordine, Professoressa, a noi interessa sapere in che misura, i media in generale possano incidere sul comportamento o nella costituzione dei valori nell'ambito della famiglia e nella devianza: in particolare con riferimento a comportamenti autodistruttivi (come può essere nel caso estremo il suicidio), oppure nella commissione di delitti non meglio specificati ma in cui i delitti di violenza hanno una particolare diciamo pregnanza ai fini della nostra indagine?

CT. - Dunque, partendo dal presupposto che quelle che erano le agenzie di socializzazione dei giovani (e cioè la famiglia, la scuola, la società) sono state sempre più sostituite dai mass-media, soprattutto dalla televisione. Si è visto che la maggior parte del tempo libero i bambini la passano davanti alla televisione. Certamente non poteva sfuggire agli studiosi il carattere sempre più violento, sempre più aggressivo, dello spettacolo televisivo, e il fatto che la fruizione di questo mezzo di comunicazione è così libero da ogni controllo - perché sappiamo che i bambini stanno proprio davanti alla televisione quando non ci sono i genitori, perché in un certo senso la televisione è un sostituto delle figure parentali -, e si sono chiesti se si poteva individuare un rapporto da causa-effetto tra un presunto aumento della violenza, soprattutto nei minori, con l'esposizione a questo mezzo di informazione violento. Dico "presunto aumento" perché ho proprio in questi giorni concluso una ricerca a livello mondiale adoperando dati raccolti da quattro indagini delle Nazioni Unite, che quindi si sono svolte come Nazioni Unite a livello mondiale, e quello che emerge è che in realtà la devianza minorile continua ad oscillare su valori che sono per esempio nettamente inferiori a quelli del 1950. Quindi un primo riferimento che noi abbiamo, e che ci viene da questo ambito globale, cioè il mondo intero, ci dice che non c'è un aumento della devianza minorile che resta attestata sui valori consueti in tutto il mondo. Per quanto riguarda l'Italia siamo sotto la media, direi, perché il nostro livello di devianza minorile è inferiore, quindi cade intanto uno dei presupposti, diciamo un pensiero, un pregiudizio che ricollegava un certo tipo di violenza all'esposizione, ai mezzi di comunicazione violenti.

AVV. GULOTTA - E la devianza non cresce ?

CT - La devianza non cresce, anzi, direi che tende a diminuire a livello mondiale, e soprattutto in Italia. Quindi è caduto uno dei presupposti, uno dei falsi collegamenti che erano stati stabiliti. Il 99%, forse il 99,5% delle ricerche ha riguardato esclusivamente il cinema e soprattutto la televisione, e di tutte queste ricerche, in realtà, solo alcune hanno individuato un debole legame tra comportamento violento ed esposizione a spettacolo violento. In realtà, quello che favorisce il comportamento violento non è l'esposizione acritica alla televisione o al cinema ma è la composizione della famiglia, la presenza della famiglia, il clima sociale in cui si vive. Lo sviluppo dell'aggressività dipende, in primo luogo, dalla famiglia e cioè dal tipo del bambino, dalle tecniche di allevamento, dalle interazioni familiari, dal livello di stress nella famiglia; poi dalla comunità, cioè dagli atteggiamenti nei confronti dei diritti del bambino, dagli atteggiamenti e valori nei confronti dell'educazione, dalla disponibilità di sistemi di sostegno formali e informali. E infine dalla cultura ovviamente, cioè tipi di atteggiamento verso l'uso della violenza fisica per la soluzione dei problemi sociali, livelli di altre forme di violenza, atteggiamenti verso i diritti dei bambini e dei genitori. Questi dati io ho avuto modo di riscontrarli esattamente nella ricerca che è stata effettuata due anni fa nelle scuole quarta elementare e terza media di Siracusa - e abbiamo scelto la Sicilia proprio perché ci sembrava un punto critico da analizzare.

AVV. GULOTTA - Perché ha alti livelli, mi pare, di delinquenza minorile ?

CT. - Beh, è noto che la Sicilia purtroppo ancora fornisce un apporto non indifferente ai livelli di criminalità adulta e minorile. E abbiamo visto che i bambini sono perfettamente in grado di distinguere tra quella che è la violenza al cinema, che loro amano moltissimo. Per esempio le bambine vanno pazze per i film di horror, per i film gialli; mentre i maschi, testualmente un paio di questi bambini hanno detto che gli piacevano molto gli spettacoli in cui schizzava il sangue da tutte le parti, letteralmente. Però poi quando siamo andati a testare queste loro dichiarazioni ci siamo resi conto in maniera assolutamente inequivocabile che un conto era il livello di fruizione dello spettacolo e un conto era il loro personale rapporto con la violenza, che per esempio viene unanimemente condannata come sistema per arrivare ad un certo risultato. Nei bambini, soprattutto nel passaggio dalla quarta elementare e quelli della terza media, è chiarissima questa distinzione che viene fatta tra lo spettacolo che li diverte perché è violento, però la violenza poi che riguarda il rapporto con la vita vera, il rapporto con i compagni.

AVV. GULOTTA - Cioè i ragazzi fanno una distinzione tra violenza agita e violenza rappresentata, così ?

CT. - Sì, su due piani assolutamente diversi: la violenza rappresentata può essere divertente, difatti così si esprimono, "è bellissimo questi film dove schizza sangue da tutte le parti"; però poi quando si va a testare la dimensione della realtà la violenza viene costantemente rifiutata come strumento di pratica quotidiana.

AVV. GULOTTA - Professoressa, ma visto che Lei parla di bambini di 4-5 anni, resta il fatto, questa sensazione da spiegare, e cioè che ai giovani e anche sia nei piccoli piaccia l'orrido, Lei parlava di sangue che schizza. Ma, mi dica, le favole per esempio, che sono diciamo quello che le nonne raccontano ai nipotini per farli addormentare e per farli crescere sereni e così, quelle contengono anch'esse...?

CT. - E' sempre lo stesso discorso. Poche cose hanno una violenza, una carica di crudeltà estrema come le favole dove i bambini vengono abbandonati di notte nei boschi, dove vengono presi dalle streghe, dove le mamme non sono mai mamme ma regine cattive, dove le mamme ti mandano nel bosco di notte sapendo che c'è il lupo, dove la nonna in realtà non è una nonna ma è un lupo, dove viene un cacciatore e poi bisogna squarciare il ventre del lupo. C'è tutta questa... richiamo, questa continua elaborazione di temi orridi e spaventosi e preoccupanti, che hanno secondo me il salutare e catartico effetto di cui parlavo prima. Perché elaborare a livello simbolico, intanto è necessario perché come diceva Lubovici (?) la violenza è già nella testa dei bambini: giocano a uccidere, giocano alla morte. I bambini amano queste cose perché ce le abbiamo dentro, non è colpa dì nessuno, è come un certo computer che ha caricato un certo tipo di programma, noi geneticamente questo è il programma. Per questo ènecessario che noi elaboriamo da piccoli tutta questa carica di violenza, ad esempio, attraverso le favole, che è un metodo innocuo per scaricare, per evitare di passare all'atto, per elaborare a livello simbolico questo materiale che sarebbe molto pericoloso se rimanesse allo stato magmatico dentro di noi.

AVV. GULOTTA - La parte che resta è quella che riguarda gli atteggiamenti, per restare nei termini psicologici, perché certo non posso chiedere a Lei di discutere se possa turbare l'ordine, a questo ci penserà il Tribunale, l'ordine familiare. Ma c'è la possibilità che al crescere della violenza - rappresentata, su questo siamo tutti d'accordo - cambi l’atteggiamento dei giovani e che i giovani abbiano un atteggiamento, come dire?, più spregiudicato nei confronti della violenza agita nei delitti da compiersi nei confronti del comportamento suicida per esempio? Io so di una ricerca recente sui giovani Vuole dirmi qualcosa?

CT - Ma anche questa ricerca conferma come queste correlazioni non ci siano. Perché in realtà la eh.... predisposizione dimostrata dai giovani verso le con... certi tipi di comportamenti considerati più o meno ammissibili, vediamo che per esempio a partire dall'83 al '92 il suicidarsi, che nell'83 riceveva il 21,8, adesso è al 18,6. Quindi la società cambia, ma cambia per regole sue, per forze endogene che certo non dipendono dai sistemi di comunicazione di massa.

AVV. GULOTTA - Quindi prendendo per buono l'aumento della violenza rappresentata, studiando gli atteggiamenti giovanili Lei vi trova un aumento di comportamenti, di atteggiamenti, quantomeno nei confronti del delitto, di accettazione positiva come atteggiamento di suicidio, o semmai l'inverso?

CT. - Ma, vede, io certamente stando a queste ricerche bisogna concludere che è l'inverso. Però io ritorno a dire che qualunque sia l'atteggiamento manifestato dai giovani non lo possiamo certamente correlare alla televisione-violenza, perché se così fosse noi avremmo il 90% di giovani violenti, avremmo un'impennata della criminalità giovanile per esempio, cosa che non è. Al contrario abbiamo segnalata in tutto il mondo e in Italia una diminuzione. Quindi questa correlazione non c'è. Il fatto poi che noi viviamo in una società particolarmente povera di valori, particolarmente violenta, questo è un altro discorso. Per esempio per citare il comportamento dello stupro che preoccupa moltissimo negli Stati Uniti e che si diceva con tutti questi film che si vedono, violenze di ogni genere, hanno fatto una ricerca e si è visto che è altamente correlato con il livello di disorganizzazione sociale il divorzio e la mobilità geografica. In America per esempio, dove c'è questo continuo girare, la gente gira e non si ferma mai, si è visto che lo stupro, che un luogo comune lo correlerebbe ad un aumento della diffusione di film porno, e invece si è visto che è correlato con la disgregazione familiare, con la mobilità geografica e con il divorzio.

 

Avv. Prof. Guglielmo Gulotta
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